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Trichodiadema bulbosum & Co
è stata una tra le mie prime aizoaceae a “minicespuglio” preferite, forse per il suo aspetto naturale che sembra un bonsai, la prima pianta che ho avuto non è stata da seme, come lo sono la maggioranza delle mie piante, ma l’ho comprata in un vivaio friulano nel periodo che vivevo da quelle parti per motivi di lavoro. Ricordo con piacere l’amico vivaista che conobbi perché aveva sempre un piccolo spazio di vendita anche vicino dove avevo il mio piccolo appartamento, ed era molto appassionato anche lui delle succulente, così mi invitò a visitare il suo vivaio una ventina di chilometri più distante, dove anche li vendeva assieme a suo fratello ed alla moglie( il fratello si occupava principalmente di piante da giardino), appena entrato vidi subito un lunghissimo bancale dedicato alle cactaceae (genere che mi attirava in quel periodo), con piante anche particolari, ero assieme a un mio amico che mi fece notare il gruppo di caudiciformi presente in un angolo, andammo subito a vedere, ed ecco che spuntarono due T. bulbosum, lasciai volentieri al mio amico il più grosso e mi tenni il più malridotto, non vi dico a casa la fatica per farlo riprendere perché purtroppo anche se appassionato quel vivaista l’aveva tenuto un po’ troppo tempo al secco per paura che marcisca dato che non conosceva la specie ed avendo visto le radici carnose pensava fosse pericoloso annaffiare troppo.
Trichodiadema bulbosum
Il Tricodiadema aveva ormai esaurito tutte le riserve e la radice aveva sviluppato una corteccia impenetrabile ed insensibile a tutto, tanto era spessa ormai, ho dovuto tenerlo immerso in una vasca per alcuni giorni, dopodichè c’è stata una settimana di piogge intense ed allora l’ho tirato fuori dalla vasca e lasciato alle piogge, questo ha giovato molto, appena finite le piogge infatti ha iniziato finalmente a ricoprirsi di foglioline.
particolare delle radici
Il genere Tricodiadema comprende circa 34 specie e 4 varietà, alcune ancora senza nome, molto affine a Tricodiadema troviamo Delosperma e Drosanthemum, alcune specie sia di uno che dell’altro genere a volte risultano di difficile collocazione tassonomica. Nel genere Tricodiadema preferisco non entrare tanto in generale ma di parlarvi delle singole sp. ( in particolare quelle che fanno parte della mia collezione) dato che il genere è distribuito in zone con caratteristiche di piovosità diverse, da quelle con piogge in tutte le stagioni a quelle invernali o estive, in questo caso ho aperto con T. Bulbosum, specie che vive in zone con piovosità possibile in qualsiasi mese dell’anno, io normalmente lo tengo a secco tra novembre e fine gennaio, già ai primi giorni di febbraio inizio ad annaffiare, poi quando il rischio gelate notturne finisce lo porto all’esterno e lascio che siano le piogge naturali a bagnare mentre nei lunghi mesi estivi se c’è un po’ di siccità intervengo io, lasciare comunque asciugare la composta tra una innaffiata e l’altra, questa regola naturalmente non vale per le piogge naturali, ho notato che molto difficilmente le piante marciscono per l’insistenza delle piogge naturali, mentre tendono a farlo invece quando insistiamo noi.
Trichodiadema bulbosum, la ramificazione molto densa dopo le potature
La semina la effettuo a fine febbraio o inizi marzo, è meglio dar loro subito vasi alti almeno 10 cm. (o più) in modo che la radice principale abbia da subito la possibilità di allungarsi per formare poi il fittone a carota tipico della specie, il seme germoglia abbastanza velocemente e con un’altissima percentuale di nascite, in genere le plantule non hanno grosse difficoltà a crescere, anzi sono spesso molto rigoglioe e veloci specialmente se diamo loro vasi spaziosi. Nel primo anno di vita tengo sempre umido il terreno della semina, esso è normalmente composto da lapillo e pomice, senza altri elementi, per T. bulbosum è possibile però, per chi lo volesse, aggiungere piccole percentuali di torba , esse sembrano gradite e non noto gravi danni causati da sciaridi (come invece al contrario mi accade su Lithops e Conophytum), ancora meglio è se aggiungiamo della normale terra di campo, ma sempre in piccole percentuali e cerchiamo di mantenere sempre una composta molto porosa e una acidità non superiore al neutro, meglio se leggermente acida, cosa che potrebbe non avvenire se la terra di campo è troppo basica o se ne aggiungiamo troppa. Le radici delle piante possono raggiungere dimensioni soddisfacienti già a cinque anni dalla semina (la fioritura anche a tre anni) se noi abbiamo la pazienza di tenerli in contenitori profondi almeno 15 cm. e larghi circa 8 x 8 per ogni singola pianta, dando loro molta acqua nel periodo estivo e qualche leggero concime apposito per succulente,ricordiamoci che quando giunge l’anno che decidiamo di far sporgere le radici per dare alla pianta l’aspetto di bonsai(vedi la foto della mia prima pianta),da quel momento le radici esposte cresceranno più lentamente qualsiasi dimensione abbiano, per questo consiglio di mantenerle il più tempo possibile in vasi alti, con le radici interrate, naturalmente le piante hanno anche un loro limite naturale nel far ingrossare le radici, ese non verranno mai enormi, diciamo che con 2 a 3 cm. di diametro e 10-12 di altezza possiamo veramente stare contenti. Le talee sono molto semplici da fare, e radicano velocemente, anche in questo caso dando loro spazio e pochi anni di tempo, riescono a formare delle belle radici ingrossate, spesso con forme bizzarre perché dal ramo principale che abbiamo tagliato e piantato escono anche più di una radice principale, ed esse a volte sono contorte, da qui le varie forme che io ritengo molto più belle rispetto a quelle assunte dalle piante da seme, naturalmente anche su quelle da seme è sempre possibile intervenire noi e modificare le loro traiettorie o posizioni facendo sì che si contorcano come noi vogliamo. Un altro aspetto da considerare è la potatura dei rami, che va fatta onde evitare un allungamento esagerato con eventuali ricadute verso terra che spesso rovinano l’aspetto generale della pianta, voi mi potreste dire che però non è naturale e che nessuno in natura va con le forbici a tagliare i rami, questo è solo in parte vero, in natura ci sono molti animali che amano brucare i Tricodiadema sp. ed anche il bulbosum non si sottrae, l’unica differenza è che non vengono usate forbici, ma direttamente vari tipi di denti, la stessa azione può avvenire a causa di brevi periodi di siccità o per bruciature. Trovo importante in questo caso intervenire con le forbici durante i mesi invernali e tagliare drasticamente fino a dimezzare la lunghezza dei rami (vedi foto), in questo modo manterremo sempre piante di un bel portamento e secondo me anche più sane, senza dimenticare che con i rametti tagliati possiamo fare decine di talee.
Trichodiadema bulbosum, dove potare
Per riassumere, sono piante che vale la pena coltivare perché molto belle, sono resistenti e di facile coltivazione, resistono al secco e sebbene caudiciformi non temono eccessi temporanei d’acqua, resistono bene in inverno in serra fredda con temperature che possono andare anche un paio di gradi sotto zero (forse anche oltre), vi consiglio di provare iniziando dalla semina , la soddisfazione sarà sicuramente migliore e vengono belli in pochi anni.
Autore Lorenzo Stocco
©Piante e foto dell'autore